Lapis specularis
"Il vetro di pietra" in Italia: testi, documenti, immagini
La Grotta della Lucerna
Si tratta della più grande e articolata cava di lapis specularis ipogea presente nella Vena del Gesso romagnola.
È stata esplorata, rilevata e in parte svuotata dagli scarti della lavorazione mineraria, dallo Speleo GAM Mezzano a partire dal Novembre 2000, data di scoperta della cavità.
Da un punto di vista speleologico la grotta non ha presentato particolari problemi esplorativi, mentre lo svuotamento dei riempimenti, in gran parte di origine antropica, ha richiesto oltre un decennio di intenso lavoro, compiuto con l’assistenza degli archeologi e non ancora terminato.
Questi riempimenti sono costituiti da scarti di escavazione spostati da un punto all’altro. Diversi ambienti, completamente tamponati da un’unica unità stratigrafica, sono via via venuti alla luce, evidenziando nuovi aspetti della miniera. Ancor oggi restano alcuni ambienti, chiusi dagli scarti dell’estrazione.
La Grotta della Lucerna è un inghiottitoio di origine carsica, non dissimile da altri, sparsi un po’ ovunque lungo la Vena del Gesso. Eccezionalmente non vi è però traccia del bacino esterno di drenaggio delle acque presumibilmente scomparso assai prima che la grotta fosse adibita a cava. Oggi la grotta è interessata da scorrimento idrico soltanto nella parte interna e in occasione di piogge relativamente intense. L’ingresso della cavità è ubicato alla base della parete sud di Monte Mauro, dove ancor oggi, è possibile constatare, con inquietante frequenza, il distacco di grossi blocchi di roccia.
Questa cavità naturale è stata oggetto di attività di scavo in età romana. Ciò ha comportato l'allargamento di diversi rami della grotta e la realizzazione di gallerie artificiali per la ricerca e l'estrazione del gesso speculare, seguendo la rete di fratture contenenti il minerale trasparente. L'aspetto naturale della grotta è stato pertanto assai modificato dalla attività estrattiva. Il rinvenimento dei frammenti di tre lucerne e di una moneta dell'imperatore Antonino Pio consente di datare la frequentazione di questo sito nel corso di un arco temporale abbastanza esteso, fra il II e il III secolo d.C.
Questo dato cronologico, assieme ad altre considerazioni legate alle caratteristiche della cava, induce a ritenere che l'attività estrattiva del gesso speculare avesse carattere di saltuarietà e fosse praticata da un numero ristretto di persone.
Le operazioni di scavo, avvenute seguendo la giacitura del gesso speculare lungo fratture per lo più verticali, hanno condotto alla realizzazione di gallerie piuttosto strette (50-60 cm) e alte fino a 4-5 metri. Vi si possono rinvenire in più punti le nicchie atte ad ospitare le lucerne e altri incavi destinati a sostenere piccole traverse di legno usate come scala per scendere e risalire lungo i tratti verticali. Il rilievo di dettaglio delle strutture permette di apprezzare la perizia delle maestranze nella esecuzione dello scavo, praticato tramite diverse tipologie di scalpelli, con particolare attenzione al mantenimento della regolarità della sezione.
In diversi punti, partendo dai solchi lasciati nella roccia gessosa, è possibile ricostruire le strutture lignee atte ad ospitare sistemi di carrucole.
Il massiccio gessoso di Monte Mauro visto dalla valle del Sintria. L'ubicazione della grotta è evidenziata con un cerchio rosso.
Soprintendenza Archeologia Emilia-Romagna - Federazione Speleologica Regionale dell'Emilia-Romagna - Speleo GAM Mezzano-RA