Lapis specularis

"Il vetro di pietra" in Italia: testi, documenti, immagini

Che cos'è il lapis specularis

 

Il lapis specularis è un gesso secondario, a grandi cristalli trasparenti (lat.: specularis), facilmente suddivisibile in lastre piane dello spessore desiderato quando viene tagliato lungo il piano di sfaldatura.

Deve il suo nome al fatto che, a partire dall'età romana, è stato utilizzato come elemento trasparente per le finestre, come più economica alternativa al vetro.

Per queste sue caratteristiche il gesso speculare è stato oggetto di intensa attività estrattiva e di una commercializzazione ad amplissimo raggio, in modo particolare nei primi secoli dell'Impero.

Il suo impiego si è protratto anche nei periodi successivi, sebbene a livello strettamente locale, come nelle città dell'Emilia-Romagna, poste in vicinanza dei gessi.

 

 

Il gesso secondario

 

Il gesso secondario viene così chiamato perché deriva dal gesso primario a seguito di una sua dissoluzione e successiva ricristallizzazione.

Molto spesso i gessi secondari sono caratterizzati da grandi cristalli (anche di oltre un metro di lunghezza e mezzo metro di spessore).

Il gesso secondario è visibile un po’ ovunque ove affiorano i gessi messiniani dell’Emilia-Romagna.

Soprattutto all’interno delle grotte, grazie all’erosione e alla dissoluzione carsica, è possibile ammirare vere e proprie “vene” di gesso traslucido che attraversano per una lunghezza anche di decine di metri gli ambienti ipogei: il caso forse più eclatante è lungo la Grotta Risorgente del Rio Basino.

Lo scioglimento del gesso ad opera dell'acqua che percola nelle fenditure carsificate e la successiva lenta evaporazione di soluzioni sovrasature conduce alla rideposizione di gesso che può giungere ad occludere completamente la fessura originaria.

 

 

Gli utilizzi del lapis specularis

 

Diversi scrittori antichi ci raccontano dei differenti usi a cui poteva essere sottoposto tale gesso.

L'impiego più diffuso era per le finestre delle abitazioni (Marziale, Epigrammi, 8, 14; Seneca, Lettere a Lucilio, Ep. 86 e 90, Questioni naturali, 4b, 7 e Dialoghi, 4, 9; Plinio il Giovane, Lettere a Gallo, 2, 17, 4 e 20-21).

Lo stesso materiale era impiegato anche nelle lettighe (Giovenale, Satire, 4, 18-21), e per realizzare la copertura di piccoli canestri in cui coltivare ortaggi nel periodo invernale (Columella, Dell'agricoltura, 11, 3, 51-52).

Trattandosi di un gesso molto puro, dalla sua cottura si otteneva la scagliola vera e propria, usata per realizzare gli stucchi, le statue decorative degli edifici e le cornici (Plinio il Vecchio, Storia Naturale, 36, 183).

Gli stessi cristalli, frantumati in scaglie di piccole dimensioni, venivano disseminati nel Circo Massimo a Roma per ottenere un particolare effetto ottico durante i giochi (Plinio il Vecchio, Storia Naturale, 36, 162; Petronio, Satyricon, 68, 1, in senso ironico nella cena di Trimalcione).

La polvere trovava poi applicazione in campo medico, bevuta nel vino contro la dissenteria e sparsa sopra le piaghe per facilitare la rigenerazione della carne (Agricola, De natura fossilium, 1546, p. 252), nonché nella cosmesi femminile, impiegata come cipria (Cesalpino, De metallicis, 1596, p. 86).

 

 

 

I luoghi di estrazione

 

È Plinio il Vecchio, nella sua Storia Naturale (36, 160-161), ad indicarci le principali aree in cui veniva estratta la pietra speculare:

"Un tempo la produceva solo la Spagna Citeriore; ora si trova anche a Cipro, in Cappadocia e in Sicilia; poco fa si è scoperta anche in Africa. Comunque a tutte queste è da preferire quella di Spagna; le pietre di Cappadocia sono di dimensioni molto grandi, ma di colore scuro. Anche nella zona di Bologna, in Italia, se ne trovano piccole vene che sono incassate all'interno del gesso".

 

 

Le cave In Spagna

 

Le cave principali erano situate nella Hispania Citerior, in particolare nell'area intorno alla città di Segobriga (Regione di Castilla-La Mancha). Con le oltre 200 cave fino ad oggi individuate, quest'area costituisce di gran lunga la maggior depositaria di siti romani legati all'estrazione del lapis specularis presente nel bacino del Mediterraneo. I dati archeologici ed epigrafici pubblicati dagli archeologi spagnoli forniscono importanti informazioni su queste cave che hanno contribuito allo sviluppo economico e demografico della città di Segobriga e del suo territorio, soprattutto tra il I e II secolo d.C.

 

 

Le cave nella Vena del Gesso romagnola

 

Negli ultimi anni, all'interno della Vena del Gesso romagnola, sono stati individuati diversi punti in cui, a partire dall'età romana, è stato praticato lo scavo del gesso speculare. La prima scoperta, effettuata dallo Speleo GAM Mezzano nel 2000 è quella relativa all'importante sito archeologico-estrattivo della Grotta della Lucerna. Ad essa sono seguiti, in rapida successione, ulteriori ritrovamenti, soprattutto grazie alla rivisitazione di altre piccole cavità che presentavano analoghi segni di scavo. Tali ricerche stanno delineando un quadro sempre più preciso relativo a questa singolare attività estrattiva.

Grande cristallo di lapis specularis, parzialmente asportato, nella cava romana di lapis specularis del "Aguachar" de Saceda del Rio en Huete (Cuenca, Spagna).

I luoghi di rinvenimento del lapis specularis nel  Mar Mediterraneo secondo Plinio il Vecchio e il posizionamento dei principali rinvenimenti di lastre di lapis specularis.

Cristalli di lapis specularis nella Grotta Risorgente del Rio Basino  (Vena del Gesso romagnola).

Lastrine di lapis specularis (spessore circa 1 mm) realizzate a imitazione delle originali di epoca romana, impiegate nella fabbricazione di pannelli per finestre.

Grotta Risorgente del Rio Basino (Gessi di Monte Mauro, Riolo Terme); in alto: vena di lapis specularis messa in luce dal parziale crollo della volta.

Soprintendenza Archeologia Emilia-Romagna - Federazione Speleologica Regionale dell'Emilia-Romagna - Speleo GAM Mezzano-RA